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Sono musicista e lavoro in ospedale – Francesca Pasini

Sono musicista e lavoro in ospedale.
A Gennaio 2019 ho iniziato il mio undicesimo anno in cui, tutti i lunedì pomeriggio fino a Maggio, mi reco all’Ospedale pediatrico G. Gaslini per condurre i laboratori artistici di Mus-e in Corsia.
Un progetto che attraverso il linguaggio universale della musica incontra, nello spazio temporale di soli 90 minuti, bambini di diversa età, etnia, cultura, educazione, esperienza e difficoltà fisica, accomunati tutti dall’essere ricoverati nello stesso momento, all’interno dello stesso ospedale, nello stesso reparto.

 

Io li incoraggio ad osservare, fantasticare, inventare e costruire: che cosa? Strumenti musicali unici e speciali ma anche: relazioni tra bambini che non si conoscono, contatti tra le loro famiglie, esperienze artistiche di svago e gioia, collegamenti di pensiero e di azioni, legami di ricordi e affetto verso i cari e gli amici lasciati a casa e nella propria città, minuti di normalità!
Il reparto che mi accoglie settimanalmente è quello di Otorinolaringoiatria/Pronto Soccorso Chirurgico che include anche la degenza dei bambini ricoverati in Ortopedia per interventi meno gravi. Quando entro in reparto tutti mi salutano: la caposala e le infermiere sono ormai abituate a vedermi e collaborano con me in modo puntuale e prezioso indicandomi i numeri dei letti i cui bimbi posso chiamare e portare in sala giochi per trascorrere un po’ del pomeriggio immersi nell’arte.

Un pomeriggio, al mio arrivo, mi corre incontro Paolo: “Meno male che sei arrivata perché avevo paura che il tempo non passasse più ed ero molto molto agitato”.

In effetti lo incontro che cammina in corridoio con la mamma che lo (in)segue ed è davvero inquieto e teso: giochiamo con la musica e riacquista un sentimento di spensieratezza che favorisce anche lo scorrere gioioso e rapido del tempo.
I bambini mi stupiscono sempre: inizialmente fanno i timidi, mi osservano, guardano il mio cartellino di riconoscimento (obbligatorio in Ospedale), stanno sulle ginocchia di mamma e papà o un po’ in disparte, stentano a dirmi il loro nome e mi esaminano mentre dispongo sul tavolo i materiali che traggo fuori lentamente dalla mia borsa poi iniziano a fare domande.

Come Estrella, che con i suoi occhioni neri e voce dolcissima un giorno mi chiede: “Ma tu sei una maestra o una mamma?”

E mentre racconto di me, della musica e dei giochi che andremo a fare, osservo i loro volti che incominciano a darmi confidenza e percepisco che il pensiero inizia a lasciarsi andare e si trasforma elaborando intuizioni creative e fantastiche fino a quel momento inesplorate: e chiedo loro che cosa vogliamo creare, cosa gli piace di più in quel momento, cosa li renderebbe contenti e allungando le manine iniziano a costruire, immergendosi nella fantasia e nella creatività oltre che nelle scatole della carta crespa! Ognuno di loro esprime un universo: Giorgia, grandicella e molto esperta di musica (suona già la chitarra) inizia a dare forma a una maraca davvero elaborata a forma di coniglietto verde e blu, mentre Serafino, piccino e molto timido, in braccio alla mamma le offre le sue manine come aiuto nella costruzione della macchina del papà che verrà a prenderli presto per tornare a casa. E così trascorre il tempo in ospedale, cercando di stare il più possibile tranquilli per non sudare o provocare danno ai
supporti medici che a volte infastidiscono un po’ come le fasciature, gli aghi e le stecche: “Non posso giocare” mi dice un giorno Cristian mogio perché l’ ago a farfalla nella manina gli pizzica molto.

 

Nonostante tutti i limiti contingenti, l’ inventiva nell’attività non manca mai e offre la possibilità di sperimentare spunti di creatività che potranno “riaccendersi” anche in altri contesti, una volta rientrati a casa, nella propria Città. Stando insieme i bambini imparano a comunicare e a collaborare con altri bimbi a loro estranei e con gli adulti di riferimento, a condividere i materiali, ad ascoltare e osservare, a progettare, creare e esprimere se stessi, ad agire in modo autonomo e responsabile tanto più in un reparto ospedaliero, a superare il disagio fisico mettendosi in azione.

Quando ormai la sala giochi si è trasformata in una fucina d’arte (ma pur sempre sottovoce!), alle infermiere o al medico che li chiama per la medicazione o per concludere la procedura di dimissione, obiettano che non hanno ancora finito di creare: qualcuno si allontana dalla sala portando con se lo strumento incompiuto con il desiderio impetuoso di ritornare nel minor tempo possibile per terminarlo, come Jonathan che prima di alzarsi dalla sedia ha un po’ discusso con la mamma, qualcun altro, avendo compreso che non riapparirà per finirlo, chiede il materiale necessario da portare a casa per terminare la sua opera, come Gaia che, allontanandosi, da istruzioni precise alla zia affinché prenda carta e occhietti del colore giusto per finire la sua farfalla musicale!

 

Questo “spazio di incontro artistico guidato per un’evasione creativa” come lo definisco io, rende la proposta dei laboratori di Mus-e in Corsia molto apprezzata anche dal personale infermieristico perché dona alcune ore di serenità alle famiglie, supportandole nella personale esperienza di sofferenza e disagio e trasformando una situazione di svantaggio in una occasione nuova di valore e significato affettivo oltre che artistico. La bellezza del coinvolgere i piccoli degenti e le loro famiglie ottiene diversi benefici come mi testimoniano i ringraziamenti dei bambini e dei genitori: diverse volte mamme e papà mi hanno confidato di aver gradito il laboratorio perché è stato occasione privilegiata per stare a giocare con i figli regalando loro quel tempo che non riescono mai a trovare a casa, travolti dalla routine quotidiana.

 

 

Per tutti questi motivi la mia presenza di Artista Mus-e in questo ambiente “speciale” continua ad essere molto serena e appagante. Attraverso le relazioni con i piccoli degenti, con le infermiere e il personale tutto che agisce con professionalità specializzata, con le volontarie con le quali condivido spesso il tempo dell’ospedale, mi sento arricchita e questo è un valore aggiunto che mi riempie, ogni Lunedì, di grande gioia.

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