In questa classe C’è una bambina in carrozzella, Maria Grazia. A lei sembra piacere il lavoro che facciamo e si rilassa moltissimo: “Guarda come ha steso le mani, non lo fa quasi mai…”, mi hanno fatto notare. Grande gioia da parte mia. L’obiettivo è fare in modo che tutti, soprattutto i maschi che tendono ad evitarla, trovino in modo di avvicinarsi, di contattarla. Lei è cieca, ma sente. Spesso ha la testa all’indietro, si può muovere pochissimo. L’altra volta in cerchio ognuno proponeva un movimento di una parte del corpo e tutto il gruppo lo doveva ripetere. Quando è toccato a lei, meraviglia delle meraviglie! È riuscita a fare tutto un giro della testa e poi lo ha ripetuto e la classe seguiva e io glielo raccontavo, ad alta voce, così che lei potesse sapere ed apprezzare che in quel momento tutti stavano copiando il suo movimento. [… ] E la classe l’ha accolta sempre più. Tutti, bambini e adulti, stavamo facendo pratica dell’attesa, del rispetto dei tempi e delle modalità di ognuno. il gruppo diventava via via più ricco, più sensibile all’ascolto grazie al contributo di Maria Grazia. E Maria Grazia si rilassava, sorrideva, sembrava sentire che stava facendo parte, con i suoi compagni, di un’esperienza che li ricomprendeva tutti. Alla lezione aperta il papà, con gli occhi lucidi, mi ha ringraziato dicendomi: “ Questo a Mariagrazia fa benissimo”. Ed io ero contentissima del fatto che il papà avesse saputo cogliere il senso del lavoro che avevamo fatto.