Teaching artist… come suona bene…
Ascoltare il suono di queste parole mi fa sentire più leggera, un po’ come andare in bicicletta nelle prime giornate di primavera… Allora esisto, mi dico, e non sono sola, qualcun altro come me c’è! Finalmente posso riconoscermi in una figura professionale reale.
Maestra da ventisette anni, danzatrice e coreografa da ancor prima, danza-educatrice da quasi vent’anni. Da sempre uso la danza nel mio lavoro d’insegnante. Per anni mi sono sentita un po’ informe, una sorta di blob: troppo maestra per essere una vera artista, troppo artista per essere una maestra regolamentare. Lo sguardo dei colleghi me lo dimostrava; anche senza parole capivo di venir assimilata all’altro gruppo, e per questo l’accettazione era sempre parziale.
Gli artisti mi guardavano con sospetto, ero parte del gruppo degli insegnanti, una categoria considerata spesso normativa, per non dire vessatoria o coercitiva, e anche, diciamolo, un po’ ottusa nella sua rigidità. Gli insegnanti mi osservavano con diffidenza: cos’era tutta quella novità della danza educativa? Che senso poteva avere, nella scuola primaria, insistere nel volere usare il corpo come strumento di apprendimento ed educazione? Mica siamo alla scuola dell’infanzia… D’altra parte stare con un piede in due scarpe è una scelta scomoda, chi me lo faceva fare? Nessuno.
Avevo bisogno di farlo. La gioia del danzare, la necessità di usare il linguaggio corporeo per comporre, il raccontare emozioni con il movimento, erano impulsi che mi pervadevano e non mi lasciavano stare. Anche i bambini mi conquistavano irresistibilmente. C’è chi adora i gatti, chi predilige i cani, chi stravede per gli uccellini: io sono ammaliata dal fascino dei bambini. Animaletti affascinanti i cuccioli d’uomo, con potenzialità stupefacenti e quintali d’ironia inconsapevole. Uno spettacolo. Lavorare con loro è stata una scelta praticata con grande impegno e soddisfazione fin dal primo giorno.
Da allora cammino con due piedi, un piede da artista e un piede da maestra. Il piede da artista mi aiuta ad essere curiosa, ricercare il pensiero divergente, trovare soluzioni creative ai problemi, praticare l’autocontrollo e la cura amorevole nel rifinire i particolari, percepire con maggiore sensibilità ciò che mi circonda. Il piede da maestra mi fornisce la consapevolezza del processo formativo che sto mettendo in atto, gli strumenti metodologici e didattici più funzionali all’obiettivo, la capacità di gestione del gruppo classe, l’abitudine a valutare gli esiti del percorso.
Dal 2005, con costante entusiasmo, collaboro con Mus-e Genova, dove la mia arte ha camminato accanto all’arte dei colleghi di musica e arti visive. Insieme sono nati percorsi poliedrici, che hanno concretizzato la mission di Mus-e in tante classi: l’inclusione attraverso i linguaggi artistici. Come artista Mus-e mi sono trovata a collaborare nello stesso momento con colleghi artisti e colleghi insegnanti, in una duplice veste che mi ha permesso una comprensione più profonda di entrambi i punti di vista.
Di una cosa ho la certezza: la proposta Mus-e funziona. Posso affermare questo perché oltre agli incontri che svolgo per l’associazione come artista, anche come insegnante pratico costantemente l’utilizzo dell’arte come strumento d’inclusione ed educazione alla convivenza, e giorno dopo giorno vedo i frutti di questo lavoro: un clima disteso nel gruppo classe, il piacere di stare insieme, la voglia di ridere e scherzare, il rispetto reciproco, la disponibilità ad affrontare e risolvere le situazioni problematiche con creatività e positività; ma anche il rigore, la capacità di autocontrollo e di concentrazione che l’arte richiede, la disponibilità a collaborare per raggiungere un risultato comune che si rivela essere fonte di gratificazione collettiva.
La strada dell’arte è la strada giusta.
Sto finendo un incontro di Mus-e, e mi cade lo sguardo sui piedini di un bambino abbracciati a calzini variopinti… e penso che, sì, ce ne vogliono due per camminare bene, un piede solo non basta…
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